Social Housing
Oggi si parla molto di “social housing”. Tuttavia,in Italia, spesso si associano all’abitare sociale solo gli alloggi affittati alle famiglie disagiate. In molti paesi europei, invece, questa definizione include le proprietà delle cooperative, fino ad estendersi agli immobili di proprietà privata.
Il Cecodhas ( Comitato Europeo per la promozione al diritto alla casa) definisce “social housing” l’insieme di attività in grado di fornire alloggi adeguati, con precise regole di assegnazione, alle famiglie che non riescono ad affittare o acquistare un appartamento a prezzo di mercato, spesso perché incapaci di ottenere un credito. L’abitare “sociale” è una forma di edilizia popolare, pensata per chi non può comprare casa o sostenere il costo di un affitto, pur non possedendo tutti i requisiti per poter accedere alle graduatorie per l’assegnazione dell’edilizia residenziale pubblica.
Di conseguenza, ricadono nel social housing tutti gli alloggi venduti o affittati a fasce di popolazione cosiddette “deboli”, secondo regole diverse da quelle del libero mercato.
La crisi economica degli ultimi anni ha profondamente mutato la domanda immobiliare, divenuta progressivamente sempre più variegata e complessa: a fianco delle classiche categorie beneficiarie dell’edilizia sociale, si sono aggiunte famiglie del ceto medio che in passato non erano minimamente coinvolte dall’emergenza abitativa, come i nuclei famigliari monoreddito, le giovani coppie con lavori precari, gli extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, gli studenti fuori sede.
Il social housing va, quindi, a coprire un’area nuova della politica abitativa che fino a pochi anni fa non rientrava nella tradizionale edilizia residenziale pubblica e dalla quale si differenzia per una maggiore flessibilità, un più ampio target (non solo persone “in povertà”, ma più in generale “in difficoltà”) e un più vasto coinvolgimento di attori (pubblici, privati e operatori del no profit).
Si tratta, cioè, di un importante strumento, in grado di offrire benefici all’intera collettività, attraverso la promozione della coesione sociale sul territorio e la collaborazione tra pubblico e privato sul tema dell’abitare equo. Uno strumento innovativo che, se da un lato interviene su un’area di disagio non estremo, dall’altro ha il pregio di investire l’attività edilizia di una nuova valenza sociale.